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Li Carignani: storia e fortuna di una contrada rurale
Oggi è una location di prestigio, nota sia a livello nazionale che internazionale; fino a qualche decennio fa, fra storia e leggenda, era ancora una possente Masseria fortificata, che si apriva all’esterno solo attraverso enormi portoni di ferro di antica fusione.
I miei nonni, nati nel secondo Ottocento, la ricordavano di proprietà “te lu Telia”; in effetti il cognome era Elia, da cui passò in proprietà alla Famiglia Ravenna del ramo di Parabita.
Deve il suo toponimo alla nobile casata dei Carignano, neritina di acquisizione ma di origine tarantina. Nella sua Istoria Generale del Reame di Napoli (in Napoli, MDCCLII) l’Abate D. Placido Troyli, a pagina 49 fa risalire le prime notizie sul Feudo e Casale di Carignano presso Nardò a data anteriore al 1320, anno in cui nell’Archivio della Regia Zecca si fa memoria di tal Simone da Carignano, barone di Terra d’Otranto.
Un suo discendente, Colella da Carignano si lamentava (siamo alle solite!) presso Re Ferdinando d’Aragona, che occasionalmente si trovava in Terra d’Otranto, accusando di essere molestato nel suo possesso del feudo da parte del neritino Antonio da Sambiasi (per analogia cfr. Registro della Cancelleria Angioina n. XXII – 458 [1270-1271] in cui Aimeri de Montdragon signore del Casale di Tuglie denunciava a Re Carlo I d’Angiò di essere ripetutamente molestato, e successivamente usurpato, da parte di Jean de Tyl feudatario dei Casali di Parabita e di Matino).
Il Re Ferdinando diffidò il Sambiasi firmando a tal uopo un dispaccio “… Datum in Terra nostra Sancti Petri in Galatina, die XI. Mensis. Decembris MCCCCLXIII” (Istoria, cit, p.50).
Nel 1670 la Baronessa “Anna Carignano per la tassa di duc. 29. per lo feudo di Carignano dishabitato in Territorio di Nardò, deve di adoho per anno d. 40.2.3” (di ordine dell’Illustrissimo, & Eccellentissimo Signore D. Pietro Antonio de Aragona, Nova Situatione de Pagamenti Fiscali de carlini 42 à foco delle Provincie del Regno di Napoli, & Adohi de Baroni, e Feudatarij, in Napoli, Nella Regia Stampa di Egidio Longo, 1670, p. 286)
“ Dopo la continuata successione di molti signori di detta Famiglia vien posseduto il cennato Feudo al presente da Francesco Lorenzo de Carignani, il quale nell’anno 1725. a dì 24 novembre vi ebbe il titolo di Marchese dall’Imperatore Carlo VI., e poi a 23 Ottobre 1728. quello di Duca…”(Istoria, cit., ibidem).
In un atto notarile di inizio ‘700, passatomi dall’amico Ortensio Seclì in pagine fotocopiate, compaiono i beni immobili e stabili facenti parte della “Dependenza del Feodo di = Carignano” esistenti “Nelle pertinenze e feodo di Parabita”(fascio di n. 11 pagine numerate in epoca recente, senza indicazione del relativo Notaio). Infatti in tale feudo “… L’ecc.mo Signor Duca D. Franc. Carignani, come Erede de’ Suoi Predecessori, come suoi beni pervenutili da legittima successione, vi possiede trè Massarie, ridotti in una, le q.li sono distanti mezzo miglio l’una dall’altra, la prima viene denominata La Massaria di Leonaci, ò del Giardino. Ed in questa vi è una capacissima abitazione sì di sottani, come di soprani, comodità per li bovi, pagliere, forno, ed altre commodità per li Massari e per le bestiami. La seconda Massaria nom.ta La Noce, e la terza nominata Santo Marco, tutte trè contengono le sequenti possessioni cioè… Primieram.te attaccato à detta Massaria nominata Leonaci, vi è un giardino murato con pareti di pietra, di capacità di tumula due e stoppelli quattro. Con diversi alberi comuni e viti ad impalati due. Li suoi confini sono: l’abitato di detta Massaria, dentro di cui vi sono alberi duecento trentatrè di olive. In detto Giardino vi à un’Aparo che consiste in bocche, seu piloni de q.li ve ne sono piene num.ro …. e le restanti n.ro …… al presente sono vacue.” (Ibidem, p.3)
Da quanto si può ricavare, quella che qui viene denominata Masseria Leonaci, coinciderebbe con quella che da sempre, nella consuetudine tugliese, è definita come Massaria te li Carignani, una costruzione abbastanza imponente e circondata da un alto muro di altezza invalicabile. E’ un fabbricato il cui nucleo originario doveva essere assai antico, ma appare ampliato fra Sette e Ottocento. Dalla sua denominazione popolare hanno poi tratto il soprannome, “te li Carignani”, le famiglie che in tempi relativamente recenti avevano ricoperto il ruolo di curatoli o di coloni-mezzadri.
Nell’Archivio Comunale di Tuglie risulta che a metà ‘800 il Signor Duca Carignani metteva a sorte una “dote maritale” per le ragazze povere del paese, la cui scelta era delegata all’Arciprete della Chiesa Matrice.
Quanto alla terza Masseria elencata nel documento e denominata “Santo Marco”, in effetti nella tradizione tugliese viene intesa come la Massaria Vecchia, giunta a lambire gli anni Sessanta quanto al suo utilizzo per il pascolo ed allevamento di pecore e vacche, nonché per la produzione di formaggio e di ricotta. Fino a tale decennio un garzone passava per le strade del paese a vendere le fischioline di ricotta, di volta in volta estratte da un tondo contenitore in latta. Anche in questo caso i massari curatoli ne assumevano spesso il soprannome “te la Massaria Vecchia”.
Tale Masseria possedeva, tra l’altro, “… un territorio tutto scelzo, trìsciolo, e macchie … nominato Le Poesie ( nda, in dialetto tugliese turpemente detto Le Puliscie), ed in mezzo vi sono li curti tutti murati, e divisi in trè per le pecore, con una casa terragna lamiata, sopra di cui vi è il Palombaro, ed un’altra casa terragna, coverta a lamia per li Pecorari, ed avanti alli sudetti curti vi è una cisterna, con trè pile per abbeverare li bestiami. La sua capacità di tomolate novantasette, entro di cui vi sono num.ro cento quarantaquattro alberi di olive, confinante da Sirocco e Levante all’olive e macchie de’ Padri Domenicani di Parabita, da tramontana alle macchie ed olive dello spartifeudo di Tullie e da Ponente alla via publica” (Ibidem, p.5).
Non ho elementi sufficienti per individuare con esattezza il sito della seconda Masseria nominata nel documento e denominata “La Noce”, ma azzarderei che potrebbe essere stata situata a ridosso dei “Carignani –Leonaci”, tra il partifeudo di Tuglie e la strada che menava a Gallipoli, verso le contrade Mercurino, Le Gazze, e l’Abbadia di Don Nicola Castriota. C’è da aggiungere che nel momento (1702) in cui veniva stilato l’atto notarile in parola, non esisteva ancora il villaggio di Villapicciotti, per cui i collegamenti tra Parabita e Gallipoli avvenivano probabilmente solo attraverso la “via publica per cui si va a Gallipoli”, cioè tra la Masseria Leonaci e il partifeudo di Tuglie.
Dal 1926 buona parte di tutte le pertinenze immobiliari delle tre suddette Masserie sono comprese nell’agro di Tuglie; la Storia spesso rende ragione ai “vinti” per i “torti” subiti durante il suo lungo corso. Nell’ampliamento territoriale di Tuglie, “a detrimento” dei paesi confinanti, Parabita, Neviano, Alezio e Sannicola, solo i Parabitani si comportarono da galantuomini. I Nevianesi e gli Aletini, dopo l’iniziale malcontento si rassegnarono e cedettero “pro bono pacis”; mentre i Sannicolesi, cioè coloro che avevano appena avuto l’autonomia da Gallipoli, insieme ad un amplissimo agro, scalpitarono e solo dopo una lunga trattativa, con l’intervento di Achille Starace, loro concittadino, cedettero, ma in cambio, qualche anno dopo, fu lo stesso Starace a trasferire a Sannicola la Caserma dei Carabinieri, che invece era di stanza a Tuglie sin dall’Ottocento.
Enzo Pagliara
( da Nuovalba – Parabita, Dicembre 2017)


                          Masseria Carignani-Leonaci, restaurata ed adibita a resort.

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